Perché capitano tutte a me?!?

Tempo lettura stimato: 6 min.

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La prima legge di Murphy recita:

Se qualcosa può andar male, lo farà.

Volete un esempio? Ho un appuntamento e sono in ritardo. Esco di casa e scendo di corsa le scale per prendere l’auto e mi accorgo che ho dimenticato le chiavi. Torno indietro, le prendo e mi dirigo nuovamente verso l’auto. Apro, entro, metto in moto ma mi accorgo che sono in riserva. Ma è troppo tardi e faccio velocemente due conti: se prendo quella scorciatoia risparmio qualche chilometro. Forse non arriverò in tempo ma almeno arriverò. Parto e imbocco la strada ma ho davanti a me un automobilista che viaggia molto lentamente. Un po’ aspetto, la strada non permette sorpassi agevoli, ma alla fine mi accorgo che sto facendo tardi e allora sorpasso in un punto che credo favorevole. Purtroppo dietro la curva c’è una pattuglia di carabinieri che mi intima di fermarmi….

Potrei andare avanti con questo racconto, ma avete capito di cosa si tratta: se ho tantissima voglia, bisogno, necessità di fare una certa cosa, probabilmente ci saranno altre cose che si metteranno in mezzo per farmi andare storta la missione!

Potremmo divertirci a inventare storie come quella, ma a volte non c’è bisogno di inventare tanto, perché eventi di questo genere ci accadono davvero! Ed è qui che una persona comincia a chiedersi: “Ma capitano tutte a me?“, “Perché c’è sempre qualcosa/qualcuno che fa andare storto il mio progetto?“, “Cosa devo fare per levarmi di dosso questa sfortuna?“. Siamo perseguitati un po’ come Fantozzi e la sua nuvoletta…

Vittimismo, pessimismo o scarso controllo?

Abbiamo due scelte quando ci poniamo domande come quelle:

  1. convincersi che siamo soltanto noi i principali e unici responsabili delle nostre “disgrazie”;
  2. valutare di volta in volta le circostanze che hanno accompagnato l’evento “disgraziato”.

Sempre in vena di citazioni, da una puntata di una serie televisiva di fantascienza, il comandante, parlando dell’importanza delle intuizioni, dice al proprio primo ufficiale: “Le abitudini sono per i lacchè, il contesto per i Re“.

Probabilmente per alcuni rintracciare le responsabilità di un fallimento al di fuori dalla personale sfera d’influenza rappresenta essenzialmente una difesa della propria autostima, riducendosi a vittima sacrificale delle proprie sventure; oppure individui con personalità pessimistica valutano vane le speranze di un successo per il fatto che non sono in grado di controllarle. Lasciando da parte vittimismo o pessimismo, semplicemente perché è distratto dalla furia negativa degli avvenimenti non riesce ad avere il controllo della situazione per cui si lascia passivamente influenzare dai fatti.

Nei casi di personalità vittimistiche e pessimistiche, è poco probabile che la persona senta il desiderio di “cambiare idea”, perché in fondo in fondo si sta costruendo una rigida difesa: nel primo caso mantiene attiva la sua buona autostima, nel secondo risponde a un suo modus operandi, forse atavico, che gli impone di non aver fiducia delle proprie capacità.

Riprendere il controllo.

C’è chi invece pensa che il mondo intero ce l’abbia con lui solo perché non riesce ad analizzare al meglio il contesto: in questo caso siamo di fronte a quelle persone che hanno un insufficiente controllo della situazione (attenzione), soprattutto nei momenti di stress.

Nella scenetta descritta all’inizio, una personalità vittimista e/o pessimista penserebbe che non poteva andare diversamente, che si attira tutte le negatività, che se non ci fossero state quelle interferenze, sarebbe potuto accadere qualcosa di peggio. Un individuo con personalità con scarso controllo degli eventi invece, resta passivo e si lascia immobilizzare psicologicamente: non pensa di  essere un fallito (come farebbe un vittimista) e neppure che il mondo ce l’abbia con lui (come pensa il pessimista): egli vorrebbe reagire ma generalmente resta bloccato nelle rimuginazioni sugli eventi negativi.

Questo tipo di personalità con scarso controllo degli eventi ha la sensazione sgradevole di essere “sfortunato”, convinto che se alcuni aspetti degli eventi fossero stati diversi l’esito finale sarebbe stato positivo. Non sanno però che possono farlo, possono ripercorrere tali eventi e – anche se non è più possibile modificarli a proprio vantaggio – da essi possono imparare e acquisire maggiore fiducia in sé stessi.

Ecco, il punto cruciale è proprio quello della fiducia nei e dei propri mezzi.

Purtroppo la fiducia in sé stessi non è una caratteristica stabile nel tempo e tende a oscillare in alto e in basso a seconda delle esperienze che man mano l’individuo esperisce.

Nella migliore delle ipotesi, questo livello non scende di molto ma altrettanto stenta a crescere. Sappiamo però quanto sia facile far crollare la fiducia in noi stessi a seguito di un brutto fallimento e quanto sia difficile riacquistarne a seguito di belle vittorie! Questo perché certe personalità hanno la tendenza a sentirsi le sole responsabili di un fallimento (in una autolesionistica volontà di punizione) mentre le vittorie posso essere solo un “incidente di percorso” (per essere giustificati in eventuali sconfitte future).

Con fiducia.

Come posso avere una buona autostima se capitano tutte a me?

Per rispondere a questa domanda, dobbiamo prima rispondere ad altre:

  1. Di quale delle tre topologie di personalità faccio parte? [1] Scarso controllo, [2] Vittimista, [3] Pessimista, [4] Nessuno
  2. Quando qualcosa mi va storto, a chi/cosa do la colpa? [1] Anche alle circostanze, [2] Solo agli altri, [3] Solo a me stesso, [4] Al fato
  3. Quando qualcosa va a buon fine, chi/cosa ne è il principale artefice? [1] Anche io, [2] Solo gli altri, [3] Nessuno. [4] Il fato

Se avete maggioranza di risposte [1] siete sulla via della riconquista della fiducia in voi stessi; se avete maggioranza di risposte [2] tentate di svicolare dalle vostre responsabilità; più risposte [3] siete tra le nuvole e non pensate a cosa fate; la maggioranza di risposte [4] dovrebbe suggerirvi di prendere una posizione. (N.b.: questo test è un gioco e non ha nessun valore scientifico e/o predittivo ma ha il solo scopo di aiutare a porci delle domande su noi stessi.)

Sforziamoci a guardare con altri occhi gli avvenimenti che a prima vista appaiono “tutti contro di noi”. Cerchiamo poi di considerarli nella loro effettiva natura e all’interno di uno specifico contesto.

  • Abbiamo la tendenza a dare la colpa a noi stessi quando le cose vanno male e agli altri quando invece vanno bene? Proviamo a modificare i ruoli e proviamo a sentirci artefici delle nostre vittorie oltre che delle sconfitte. Proviamo anche a valutare il contesto in cui si è verificata una sconfitta per capire se altri contesti avrebbero portano a un esito diverso dei fatti.
  • Pensiamo di non poter fare niente per allontanare la nostra calamita della sfortuna? Proviamo a spostarci noi, invece di tentare di allontanarla. Spesso ci ostiniamo ad allontanare qualcosa di sgradevole senza riuscirci e non teniamo in considerazione che potremmo essere noi ad allontanarci da quello, fisicamente e psicologicamente.
  • Ci sentiamo, in fondo in fondo, colpevoli dei nostri fallimenti? Proviamo a condividere le responsabilità anche con altri aspetti degli eventi: non necessariamente verso altre persone ma anche – senza per forza cercare scuse campate in aria – a quegli eventi che oggettivamente ci hanno messo il “bastone tra le ruote”.

In fin dei conti, cosa ci costa avere un po’ più fiducia in noi stessi a scapito della fiducia che riponiamo nella nostra sfortuna?

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